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La gestione delle avversità in PMA

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Salvo Reina

 Avere un sistema di gestione della sicurezza non significa che nulla può accadere, al contrario significa che sappiamo che un evento avverso è una certezza con una probabilità di accadimento. Si tende a considerare sempre “remota” questa probabilità, ma la occorrenza del fatto, se registrata in termini pro-attivi e virtuosi, comporta la primaria ed elementare forma di qualità perché indica la valutazione preventiva di una reazione. L’ Art. 11 Dlg191/07 e l’Art. 10 del Dlgs 16/10 sono orientati alla notifica tempestiva e alle misure reattive Quindi, più che il dimostrare che non ci sono problemi, il CPMA deve dimostrare di avere un efficace sistema di comunicazione e di contromisure di questi. Peraltro, un sistema reattivo di registrazioni, non solo permette di affrontare con prontezza una situazione per la quale è stata prevista una procedura, ma anche di valutare un tracciato di miglioramento.

Tutti gli schemi normativi di qualità (volontari e contrattuali), comportano un audit metrologico dei parametri di sistema (Statistical Process Control, SPC). Il Dlg 191/07 non prevede la definizione di indici di performance specifici per gli eventi avversi tuttavia fa riferimento chiaro alla necessità di svolgere periodiche verifiche (audit interni) grazie alle quali valutare scostamenti della performance del sistema. Naturalmente queste valutazioni devono essere documentate ed i registri delle misurazioni (con cadenza arbitraria ma coerente), devono riferirsi a corrispondenti procedure scritte nelle quali riportare anche eventuali azioni correttive e preventive.

Non trascurabile il fatto che la eventuale attuazione di misure adeguative sono esse stesse documentate ed essendo necessario monitorarne l’efficacia, esisteranno anche documenti di registrazione (modulistica o prestampati) relativi alla verifica dei risultati di cambiamento. Molto utili sono gli allegati del Dlg 16/10 e della Linee Guida del CNT che riportano la modulistica e i fac simile per la notifica, le reazioni e le conclusioni nei casi di avversità.

Ricordiamo infine che gli indici di performance vanno riconsiderati anche in ragione dell’aggiornamento scientifico e tecnologico. La Tabella IV riporta alcuni indici di esempio con relativa sinopsi di computo.

 

Coerenti con lo stile pratico adottato, affrontiamo un altro tema di grande preoccupazione che riguarda il SQS e la sua documentazione. Il titolo di questo paragrafo allude in modo provocatorio alla incidenza di eventi teoricamente improbabili, che nella realtà hanno una frequenza superiore. In qualità esistono molte tecniche e modelli di valutazione dei rischi che sono in grado di stimare probabilità di accadimento e impatti di eventi indesiderati. Anche in occasione di congressi sulla PMA e in alcuni libri di IVF sono citati complessi metodi di valutazione (FTA, FMEA, QDF ecc ); si tratta di ambiti culturali ingegneristici che valutano costruzioni e apparati industriali.

Nella PMA, nessun riferimento specifico è presente nelle normazioni (legali o meno);, eppure alcuni Responsabili di Struttura, forse confusi o mis-informati, invocano addirittura la risk analisys e il risk management (peraltro domini molto diversi). Chi scrive è dell’avviso che per le esigenze di un responsabile di CPMA, sia poco realistico spendere tempo e risorse in metodologie di controllo sofisticate da allegare al documentale. Dove necessario, per valutare una non conformità e comunicarla efficacemente è sufficiente una metrologia elementare ad esempio usando una scala di valori per attributo (molto / poco / assente); in seguito, sarà il follow-up di queste valutazioni che potrà essere espresso quantitativamente (contingenze, incidenze e/o trends). Naturalmente nel registro considerato di volta in volta deve trovarsi un sinottico descrittivo e/o una legenda a piè pagina che spieghi più in dettaglio. Né le linee guida del CNT, né il Dlgs 191/07 prescrivono valutazioni quantitative e/o probabilistiche; come visto in precedenza, in mancanza di modelli di riferimento e/o casistiche ufficiali, un responsabile può validare i propri riscontri anche solo sulla base delle prioprie casistiche storiche, considerando di fatto plausibili e accettabili le probabilità di eventi negativi. Di fatto troviamo un riferimento preciso alla “analisi dei rischi documentata”, solamente al paragrafo del “Rilascio di cellule ed embrioni” (Sez. E p. 10, ), e implicitamente lascia al Responsabile che la approva la facoltà di stilarla secondo propri criteri.

Diversamente dal puntuale riferimento alla “Analisi di rischio”, la quasi totalità delle prescrizioni lungo le fasi della PMA (legali o meno), richiamano in modo ridondante all’obbligo di “minimizzazione del rischio”. In relazione al contesto considerato, la minimizzazione del rischio può essere riferita ad una infrastruttura, ad una attività, ai reagenti (validati se prodotti internamente) e al campione donato (immunità sierologica). Tale principio è sempre orientato a scongiurare la contaminazione sia essa crociata (campione-campione), sia essa incidentale (operatore/lavorante) o gestionale (trasporto terzializzato)

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