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Storiografia ed evoluzione della normazione in materia di PMA.

Mauro Costa

Anno 2004. Il parlamento europeo emana la direttiva 23 , diventata poi nota come “Tissue directive”.

L’idea della direttiva prende le mosse da un convegno tenutosi a Porto in cui si delineavano alcune caratteristiche peculiari dell’utilizzo a scopo terapeutico umano di cellule e tessuti in confronto ai trapianti d’organo: non vi è carenza di materiale (tranne che per casi specifici limitati) tessuti e cellule possono essere conservati per un periodo lungo spesso ci sono trattamenti alternativi il trapianto di tessuti e di alcuni tipi di cellule non è solitamente salvavita Dopo una lunga discussione la CE decide, per alcuni in modo sorprendente, di includere le cellule ed i tessuti riproduttivi nella stessa normativa.

La direttiva “madre” è seguita nel 2006 da due direttive tecniche, che chiariscono le modalità in cui le nuove norme dovranno essere applicate. L’Italia recepisce la direttiva madre nel 2007 con il Decreto Legislativo 6 novembre 2007, n.191 e le due direttive tecniche in un unico provvedimento, il Decreto Legislativo 25 gennaio 2010, n.16. (Tabella I). A scanso di equivoci dobbiamo quindi subito chiarire che la direttiva dei tessuti è ora legge in vigore a tutti gli effetti. Fin dal 2004 la Società Europea di Embriologia e Riproduzione Umana (ESHRE) prende coscienza che l’applicazione della direttiva nella sua versione iniziale potrebbe causare gravi disagi ai centri ed è poco adatta alla realtà della PMA.

Insieme all’ente di controllo inglese HFEA (The Human Fertilization and Embryology Authority) nel Maggio 2005 fonda un consorzio che prevede la partecipazione di un medico, un embriologo ed un legislatore per ogni paese della comunità europea, l’ EACC (European Assisted Conception Consortium). Il consorzio si pone come interlocutore della Commissione europea e partecipa attivamente alla discussione sulle modifiche da apportare al testo delle direttive tecniche, per renderle più adatte alla realtà della PMA.

Con un meccanismo simile , dopo un intervento delle società scientifiche, in Italia viene stabilito prima informalmente e poi per decreto ministeriale un gruppo di lavoro (Osservatorio sull’applicazione del D.Lgs 191 /2007 alla PMA) che genera un documento sui requisiti dei centri PMA per la conformità alla direttiva. Al gruppo partecipano rappresentanti del Ministero, del Centro Nazionale trapianti, dell’ISS, delle Regioni ed un gruppo di ginecologi tra cui l’autore di questo articolo (in quanto rappresentante italiano nell’EACC). Il frutto del lavoro del gruppo è un draft, in cui si adattano le norme dei decreti sopraddetti alla realtà italiana dei centri PMA, che dovrebbe poi passare alla conferenza Stato /Regioni e diventare in sostanza la linea guida per l’applicazione dei d:lgs 191 /2007 e 16/2010.

I requisiti coprono le attività di PMA dal momento del prelievo dei gameti alla lavorazione, alla eventuale conservazione fino al momento del transfer. L’applicazione clinica è esclusa (fatto salvo il follow up per la vigilanza) Questo draft già da ora viene utilizzato nei corsi per gli ispettori regionali che dovranno verificare la rispondenza dei centri alle nuove norme.

Nel frattempo all’interno della Unione Europea si è sviluppato un progetto per la standardizzazione dei principi e della pratica per le ispezioni e la certificazione degli istituti di tessuti (Eustite) che ha definito la current “Best Practice”, formulato linee guida per le ispezioni e sviluppato un percorso formativo ottimale per gli ispettori. A corollario di questo è partito un secondo progetto (SOHO V&S) per lo sviluppo di un modello per la notifica e l’indagine di reazioni ed eventi avversi gravi associati alla qualità e sicurezza di tessuti e cellule. Le ispezioni condotte in Italia seguiranno quindi uno schema comune a tutta l’Europa.